“Nel tribunale di provvisione vien proposto, come più facile e più speditivo, un altro ripiego, di radunar tutti gli accattoni, sani e infermi, in un sol luogo, nel lazzeretto, dove fosser mantenuti e curati a spese del pubblico; e così vien risoluto, contro il parere della Sanità, la quale opponeva che, in una così gran riunione, sarebbe cresciuto il pericolo a cui si voleva metter riparo”.
Ecco come Manzoni introduce nel suo romanzo più celebre il lazzaretto milanese, luogo al di fuori delle mura dove venivano trasportati i malati di peste. Manzoni ci descrive il lazzaretto come un recinto popolato da sedicimila appestati, uno “spazio tutt’ingombro” pieno di baracche, capanne e carri, dove la gente si lamentava a gran voce e moriva fra atroci sofferenze.
Purtroppo, oggi del lazzaretto è rimasto davvero poco. Dopo la peste del 1629-1630 infatti, il Lazzaretto venne convertito ad altri usi, in particolar modo militari, finché non venne demolito nella seconda metà del XIX secolo a causa dell’aumento della richiesta di lotti edificabili in città. L’unica parte ancora visibile è un gruppo di cellette rimasto integro lungo la via San Gregorio e la chiesa di San Carlo al Lazzaretto, in viale Tunisia. Andateci e immaginatevi Renzo che incontra Don Rodrigo moribondo o, se avete voglia di un lieto fine, il ricongiungimento di Lucia e Renzo proprio all’interno di queste mura.
Maggiori informazioni:
Via San Gregorio, Milano, MI, Italia